in un non-spazio,
in un fulmineo istante la realizzazione lucida di quel sentimento di sospensione, di
transitorietà.
Settimane fa, aspettavo di poter finire le mie lezioni (ormai online),
perché con l'inizio delle vacanze tutto sarebbe stato tutto come prima... ma così non è stato.
Ancora qualche giorno trascorso ad aspettare, perché poi
(forse) sarei potuta andare in Italia e lì sarebbe stato tutto come
prima... ma anche lì Italia così non è stato.
E poi ancora il ritorno in Belgio che attendeva, dove avrei trovato la normalità di un tempo e dove invece si afferma sempre più forte questa nuova realtà,
dove si parla di seconda ondata.
Ondata. Uno dei termini ormai mitologici insieme a contagio, mascherina,
curva...
E lì, in aria, nel momento dell'atterraggio, nell'istante in cui l'aereo ha toccato il suolo, ho sentito il sollievo, quel ridicolo pensiero
inconscio: "è andato tutto bene", come se in un volo Roma-Bruxelles si
stesse ogni volta sull'Apollo 13 o volando verso Armageddon.
Ecco, subito dopo
quella sensazione di sollievo è arrivato un capogiro, un'onda (non un'ondata)
gravosa:
non è finito niente, non sappiamo niente, forse andrà tutto
bene (come tanto ci si ripeteva in Italia durante il lockdown, come un
mantra, uno slogan, una preghiera). Per ora, però, è solo una bolla di
attesa, di imprevedibilità.
Tutti nella stessa bolla, tutti sullo stesso
aereo, un volo sospeso in aria senza una destinazione stabilita, tutti a
guardare fuori dal finestrino, alla ricerca affannosa di un nuovo
paesaggio, o forse di quello consueto e rassicurante, ma nuovamente illuminato dal
sole.
Transitorietà.
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